Intersuperficie curva, 1970, acrilico bianco su tre tele sovrapposte, 80 × 80 × 6,5 cm
©Foto Massimo Listri
Paolo Scheggi (Settignano 1940 – Roma 1971)
Dopo gli studi d’arte a Firenze, seguì un corso di visual design a Londra e dal 1961, a Milano, condusse una ricerca che s’iscrive nella neoavanguardia spazialista. Fontana, suo mentore, elogiò le Intersuperfici formate da tre tele monocrome sovrapposte e solcate da aperture prima irregolari e di forma organica, poi circolari e perfette. Queste opere sono la matrice di un’indagine pluridisciplinare che in dieci anni attraversò tutti i linguaggi artistici. Nel 1964 partecipò alla Triennale di Milano; l’anno successivo entrò nel movimento Nuove tendenze a Zagabria ed espose con i gruppi Zero e Nul. Nel 1966 fu a Parigi, al XXI Salon des réalités nouvelles, alla Kunsthalle di Berna, alla Roland Gibson Art Foundation di New York; fu il più giovane artista italiano invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1967 fu alla Biennale di Parigi e alla Exposition internationale des beaux arts de Montréal. Dal 1968 la sua opera incluse la dimensione performativa per analizzare il linguaggio mitico-politico e il rituale collettivo, anticipando il lungo periodo della performance art. Negli ultimi due anni la sua opera si volse in direzione concettuale e Scheggi realizzò ‘ambienti’ neri o bianchi, solcati da caratteri lapidari: la Tomba della geometria e la Piramide della metafisica furono presentate a Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1970, nella mostra Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960-70. Tra le retrospettive storiche, quelle alla Galleria d’arte moderna di Bologna nel 1976 e a Palazzo Vecchio di Firenze nel 1983. Fu presente alle biennali veneziane nel 1966, 1972, 1976 e 1986. Le sue opere sono conservate in note collezioni pubbliche: alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, alla Galleria d’arte moderna di Torino, alla Tate Collection di Londra, The Art Museum at SUNY Potsdam di New York, al Museum of Contemporary Art di Zagabria e al Museum für Konkrete Kunst di Ingolstadt. Dal 2013 l’Associazione Paolo Scheggi, fondata dalla vedova dell’artista, Franca Scheggi Dall’Acqua, e da sua figlia Cosima, e curata scientificamente da Ilaria Bignotti, rappresenta l’archivio che conserva, tutela e diffonde l’eredità della sua opera.
«Il bianco è luce domata: dinamica della nuova contemplazione». Così si esprimeva nel 1966 il poeta brasiliano Murilo Mendes davanti alle opere monocrome bianche di artisti quali Paolo Scheggi e Lucio Fontana, riuniti nella mostra storica Bianco su bianco alla Galleria dell’Obelisco di Roma. Considerato tra i rappresentanti di quell’arte italiana forgiata tra il problema della costruzione dello spazio di origine umanista e il rapporto tra superficie e profondità, Scheggi realizza questa Intersuperficie curva nel 1970, un anno prima di lasciare prematuramente la scena dell’arte: l’opera, complice il gioco della stratificazione delle tele, è attraversata da numerose aperture circolari perfette di diverse dimensioni, offrendo una dinamica percettiva che attraverso l’esperienza del vedere pone il fruitore in una dimensione contemplativa e metafisica. Il bianco rappresenta per Scheggi un elemento fondamentale nella sua produzione pittorica e anche ambientale, volta a superare in modo radicale la tradizione accademica, proseguendo lungo lo squarcio aperto da Lucio Fontana e capace di condurre, come ha scritto Germano Celant, «un’esperienza estetica del vuoto e del pieno: una disciplina e un esercizio basati sull’equilibrio e sull’armonia delle cose, astratte e concrete». (Ilaria Bignotti)