Concetto spaziale, Attese, 1959, olio su tela, 90,8 × 90,8 × 1,9 cm
©Foto Massimo Listri
Lucio Fontana (Rosario 1899 – Comabbio 1968)
Lucio Fontana è stato uno scultore, pittore e teorico riconosciuto a livello internazionale come uno degli artisti più innovativi del XX secolo. La rottura della superficie del dipinto operata da Fontana ha influenzato diverse generazioni di artisti che hanno esplorato le dinamiche attraverso cui lo spazio e gli elementi fisici della vita possono essere incorporati nella pittura. Nato in una famiglia italiana a Rosario (Santa Fe, Argentina), Fontana iniziò la sua carriera artistica come scultore negli anni Trenta, praticando una scultura ‘astratta’ e diventando una delle figure chiave delle avanguardie non figurative a cavallo fra Italia e Argentina. Negli anni Quaranta fondò, in Argentina, l’Academia Altamira, che portò alla creazione del Manifesto blanco (1946). Nel 1947, dopo la guerra, tornò in Italia in pianta stabile e fondò lo spazialismo, una corrente concentrata sulle potenzialità fisiche e spaziali della scultura e della pittura con particolare attenzione al modo in cui la luce, lo spazio e il movimento possono creare arte. Le sue tele monocrome forate o squarciate prendono il nome di Concetti spaziali, Attesa o Attese. Il suo lavoro ottenne un riconoscimento alla Biennale di Venezia del 1966, in occasione della quale vinse il Gran premio per la pittura. I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali nei musei di tutto il mondo, tra cui: il Multimedia Art Museum di Mosca (2019-2020); il Metropolitan Museum of Art di New York (2019); il Musée d’art moderne de la Ville di Parigi (2014); la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (2008); lo State Museum di San Pietroburgo (2006); il Peggy Guggenheim di Venezia e il Solomon R. Guggenheim Museum di New York (2006); la Hayward Gallery di Londra (1999-2000); il Museum Modern Kunst Stiftung Ludwig di Vienna (1996-1997); il Centre Pompidou di Parigi (1987); il Solomon R. Guggenheim di New York (1977); lo Stedelijk Museum di Amsterdam (1967); e il Walker Art Center di Minneapolis (1966).
Tra le svariate forme che prendono i Concetti spaziali, quello esposto consiste in una tela monocroma quadrata di una vibrante tonalità di arancione, con i caratteristici squarci d’artista. Inizialmente pensati nel 1958, i primi tagli di Fontana erano piccole penetrazioni curve o diagonali nella tela. Col tempo, l’artista sviluppò un metodo più controllato per ‘lasciare il suo segno’: generalmente, dopo aver dipinto la tela, la trasferiva, ancora umida, sul cavalletto e con un coltello Stanley dava vita al suo squarcio calcolato. Non appena la pittura asciugava, l’artista aggiustava manualmente le dimensioni della fessura, fino a ottenere un risultato soddisfacente. Questo procedimento affonda le radici negli esordi scultorei di Fontana, segnando, al tempo stesso, il suo ingresso in un territorio creativo inesplorato. Mentre i primi tagli di Fontana mantengono una traccia del coinvolgimento delle sue mani nel procedimento, i successivi – come in Concetti spaziali, Attese – sembrano quasi meccanici, privi della soggettività dell’artista, del suo gesto, della sua espressione. Fontana attribuiva un valore al vuoto creato dallo squarcio, esclusivamente definito dalla curvatura dei lembi della tela che lo circondano. Aggiungeva sempre delle scritte sul retro dei suoi Concetti spaziali, in questo caso «attese», al plurale, perché i tagli che lo compongono sono molteplici. La volontà di includere queste scritte suggerisce l’importanza che Fontana attribuiva al processo di creazione dell’opera, e in particolar modo all’attesa, appunto, del momento perfetto per realizzare il ‘taglio’. (Magazzino Italian Art Foundation)