Superficie bianca, 1964, acrilico su tela, 80 × 100 cm
©Foto Massimo Listri
Enrico Castellani (Castelmassa 1930 – Celleno 2017)
Nel 1952 si diplomò all’Accademia di Brera e si trasferì a Bruxelles, dove s’iscrisse prima all’Académie royale des beaux arts, poi alla facoltà di Architettura. Si laureò nel 1956 e rientrò a Milano, dove iniziò a lavorare nello studio dell’architetto Tomaso Buzzi, con cui collaborò sino al 1963. A Milano strinse amicizia con Piero Manzoni, con cui nel 1959 fondò la rivista «Azimuth» e la galleria Azimut e condivise l’esperienza nei gruppi Zero e Nul. Nello stesso anno realizzò la prima opera a rilievo, modellando la materia della superficie planare del quadro, che diventa ritmicamente estroflessa e si colloca in un ambito di ripetizione differente. Dagli anni Sessanta l’attività espositiva si intensificò: nel 1964 partecipò alla Biennale di Venezia e al Guggenheim International Award di New York; nel 1965 espose una grande Superficie bianca al MoMA di New York e rappresentò l’Italia alla Biennale di San Paolo del Brasile; nel 1966 allestì una sala personale alla Biennale di Venezia e vinse il premio Gollin. Nel 1967 ricevette la medaglia d’oro alla Biennale d’arte della Repubblica di San Marino e il primo premio del Nagaoka Museum di Tokyo. Nei primi anni Settanta si trasferì a Celleno (Viterbo). Da allora partecipò a diverse mostre collettive, come quella al Centre Pompidou di Parigi nel 1981, a Palazzo Reale di Milano nel 1983, al Guggenheim Museum di New York nel 1994, alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia e al Guggenheim Museum di New York nel 2014. Partecipò nuovamente alla Biennale di Venezia nel 1984 e nel 2003. Tra le personali si ricordano le mostre alla Fondazione Prada di Milano nel 2001, al Museo Puškin di Mosca nel 2005 e all’Auditorium di Roma nel 2006. Nel 2010 ricevette a Tokyo il Praemium Imperiale per la pittura. Nel 2013 istituì la Fondazione Enrico Castellani che, oltre a collaborare con istituzioni, musei e studiosi, si occupa principalmente di certificare le opere e tutelare, conservare e promuovere la sua eredità.
La prima superficie a rilievo realizzata da Enrico Castellani, datata al 1959, concretizza una ricerca rivolta alle potenzialità di espansione dello spazio della tela e a nuovi modi di concepire l’opera d’arte e il ‘quadro’. Il metodo di lavoro inaugurato dall’artista è un vero e proprio sistema che si declina in inesauribili variazioni, efficace, competitivo e attuale ancora oggi. Nei lavori successivi, Castellani indaga le infinite combinazioni numeriche alla base delle sequenze regolari di prominenze e di ‘infessurazioni’, a conferma di una possibile amministrazione esatta dello spazio. La sapiente gestione di luci e ombre messa in atto nelle superfici enfatizza la struttura dell’opera, suggerendo la predominanza di aspetti quali tempo, spazio e variazione, in rapporto alla composizione, come suggerito anche da Superficie bianca. L’opera, realizzata in tela a rilievo dipinta con colore bianco, è caratterizzata da una serie di puntature regolarissime ed equidistanti, confinate al centro del perimetro del quadro. Il lavoro è caratterizzato da tensioni e da contrasti interni che si sviluppano orizzontalmente, facendo forza verso i limiti estremi del dipinto. Le configurazioni delle superfici di Castellani, nella loro esattezza e ritualità compositiva, sono state lette in termini quasi contemplativi da Carla Lonzi che, nel 1964, ha infatti scritto: «ipotetici oggetti di culto per una religiosità moderna, ma – senza forzare in direzioni che potrebbero indurre a equivoci – preferiamo sentirli nella loro indeterminatezza di “luoghi ideali di contemplazione”». (Federico Sardella)