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Davide Rivalta

Leonessa, 2020, bronzo, fusione a cera persa, 360 × 164 × 73 cm

©Foto Massimo Listri

 

Davide Rivalta (Bologna 1974)

Ha studiato all’Accademia di belle arti di Bologna fino al 1996, sperimentando scultura, disegno e pittura. Nel 1998 ha vinto il concorso per l’inserimento di un’opera d’arte nel cortile del Palazzo di Giustizia di Ravenna. Da allora ha ricevuto diverse commissioni pubbliche per installazioni permanenti a Ravenna, Rimini, Trieste, Neuchâtel. Nel frattempo ha esposto in numerosi musei: alla GAM di Bologna e al MAN di Nuoro, al MARCA di Catanzaro, alla Galleria civica di Modena e al MAMbo di Bologna. Ha esposto anche al Künstlerhaus Palais Thurn und Taxis di Bregenz nel 2006, a Strozzina e Villa Romana di Firenze nel 2009 e 2011, a Palazzo Te di Mantova nel 2016 e alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma nel 2016, 2017, 2019, 2021 e 2022. Nel 2010 ha partecipato alla prima Aichi Triennale Arts and Cities a Nagoya, nel 2015 a Icastica ad Arezzo e alla Biennale Disegno Rimini, nel 2016 ad Arte alle Corti di Torino e nel 2019 alla XXII Triennale di Milano. Nel 2017 ha iniziato a collocare sculture monumentali in ambienti urbani, piazze e strade, prima ad Antibes, nel 2018 a Neuchâtel e Gstaad e nel 2020 a Mougins. Nel 2019 ha esposto al Friedhof am Hörnli di Riehen e al Forte Belvedere di Firenze.

Rivalta si muove nell’arte come un equilibrista, in bilico fra tradizione e contemporaneità. Non rinuncia alla figurazione e resta fedele ai canoni classici della bellezza, senza dimenticare le lezioni del Bernini, di Rodin o di Medardo Rosso. Non abbandona il metodo della fusione a cera persa e l’uso di metalli nobili, come il bronzo, che consegna qualsiasi opera alla storia. Resiste al fascino del ready-made e alla seduzione delle serie, anzi dichiara: «I miei leoni non sono icone perfette e spersonalizzate, ma individui, animali veri, ritratti ciascuno nella propria unicità». Allo stesso tempo, però, sviluppa un proprio linguaggio, che, partendo da una concezione antimonumentale dell’opera, si fonda su una particolare praxis creativa. Rivalta concepisce installazioni site-specific, caratterizzate dall’approccio paesaggistico e dal participatory design, in cui il contesto assurge a parte e sostanza dell’opera. Dispone le sculture senza piedistallo, possibilmente in luoghi pubblici, e le presenta come vere e proprie invasioni della natura selvaggia che si riappropria della sfera urbana, risolvendo la dualità tra natura e artificio in un un’arte immanente anziché astratta. La realizzazione materiale delle sculture, inoltre, cristallizza le forme nel proprio farsi, conservando il fascino del non finito. Rivalta lo descrive affermando: «Lancio la terra fluida sopra un’armatura metallica; la creta si rapprende; rimane nella forma l’energia del lancio. Questa fase è molto rapida e la casualità del gesto incontrollato mi sorprende». La materialità delle opere compiute, nella visione ravvicinata, ne denuncia la genesi, ne esplicita il gesto formante e ne trasmette l’energia creatrice primordiale, che si coglie anche nel selvaggio realismo della Leonessa che compare minacciosa ai margini del parco di Villa Firenze. (Renata Cristina Mazzantini)