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Alighiero Boetti

Oggi nono giorno dodicesimo mese dell’anno 1000 nove 100 ottantotto, 1988, tessuto ricamato, 113 × 104 × 2,5 cm

©Foto Massimo Listri

 

Alighiero Boetti (Torino 1940 – Roma 1994)

La carriera di Alighiero Boetti iniziò a Torino nel 1967 con una mostra personale alla galleria Christian Stein. Dal 1971 lavorò firmandosi come «Alighiero e Boetti», sperimentando nella sua pratica artistica la doppia autorialità, il gioco, i sistemi e i linguaggi. Usando una grande varietà di materiali e tecniche, inclusi penne a sfera, bandiere, francobolli e tessuti, Boetti evase dalle strutture di potere e dai metodi convenzionali del mondo dell’arte, impiegando modalità di produzione già esistenti al di fuori delle forme artistiche canoniche e interessandosi in maniera particolare al discorso sull’autorialità e la produzione. Dal 1972 fino al 1994, l’anno della sua morte, visse e lavorò a Roma, continuando però a viaggiare molto, cosa che ebbe un impatto significativo sul suo lavoro, dando vita, per esempio, alla serie degli anni Settanta Mappe e alle durature collaborazioni con le donne dell’Afghanistan e del Pakistan per i lavori ricamati. Queste collaborazioni, in particolare, lo portarono alla creazione delle sue serie più famose, che l’artista continuò a sviluppare nel corso della sua vita (Mappe, Arazzi e Tutto). Queste serie, come altre ugualmente importanti (tra cui Biros, che raccoglie i lavori fatti con la penna a sfera), furono sviluppate a partire dagli anni Settanta, basandosi sulla contrapposizione binaria dei concetti di ordine e disordine, individuo e società, regole e variazioni, natura e artificio. Tra il 2011 e il 2012, al Museum of Modern Art di New York, alla Tate Modern di Londra e al Reina Sofia di Madrid si è tenuta Game plan, una grande retrospettiva dedicata al suo lavoro. Le sue opere non hanno trovato posto solo nei maggiori musei italiani, ma anche nelle collezioni delle più importanti istituzioni di tutto il mondo, incluse la Whitechapel Gallery di Londra (1999), la Kunsthalle Basel (1978), il Centre d’art contemporain di Ginevra (1977) e il Centre Georges Pompidou di Parigi (1989).

Gli Arazzi di Alighiero Boetti giocano con la contrapposizione di ordine e disordine. Sono composti da combinazioni di lettere apparentemente disordinate, che si compongono in frasi che a loro volta esprimono pensieri dell’artista e il momento dell’esecuzione degli arazzi stessi. L’artista, che intraprese diversi viaggi in Afghanistan, si è ispirato al suo antenato, Giovanni Battista Boetti, missionario domenicano a Mosul nel XVIII secolo convertitosi all’Islam e divenuto un mistico sufi. Nella mistica del sufismo, la calligrafia e la geometria si associano a significati sacri. Combinando l’italiano e il farsi e collaborando con le donne afghane, alle quali affidò l’esecuzione dei ricami, Boetti mirava a intrecciare tradizioni orientali e occidentali per creare un ordine universale. Quest’opera fa parte di un gruppo di arazzi che l’artista creò alla fine degli anni Ottanta in collaborazione con il maestro sufi Berang Ramazan, col quale aveva stretto un rapporto di amicizia a Peshawar, in Pakistan, durante l’invasione russa dell’Afghanistan. (Magazzino Italian Art Foundation)